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Come come? Tutti abbiamo del talento?
“Secondo me ha talento. Investiamo sulla sua formazione e portiamolo a bordo in azienda.”

Probabilmente questa è la frase che chiunque vorrebbe che qualche HR dicesse su di lui, e chissà, magari a qualcuno di voi è successo. Sapete, non è un’affermazione facile: investire sul talento è un’azione di grande responsabilità. Significa vedere e riconoscere nell’altro un potenziale di successo, significa assumersi un rischio, credere in lui e formarlo in modo tale da permettere la totale espressione delle sue capacità. Non è facile distinguere il talento però, e noi che lavoriamo nella business unit dedicata alla Talent Acquisition abbiamo imparato a farci i conti tutti i giorni.

Ma facciamo un passo indietro: cosa significa, davvero, la parola “talento”? Il termine deriva dal greco e vuol dire “piatto della bilancia, peso, somma di denaro”: curioso, no? Infatti i talenti erano anche delle monete. Oggi, quando si parla di talento, s’intende un’inclinazione naturale, una sorte di dote innata. Si tratta di una capacità personale, un taglio del proprio sé che conferisce alla persona specifiche abilità che la rendono unica ed eccezionale in un determinato campo.

Ma sempre l’etimologia ci svela un altro significato — antico, usato da Dante e da Boccaccio —: quello di volontà, voglia, desiderio. Perché in fondo non è vero che ciascuno di noi riesce meglio in ciò per cui prova maggior passione, ovvero desiderio di applicazione?

Capisci bene che il concetto di talento acquisisce un’importanza fondamentale nel mondo di oggi. Nel contesto socio-economico nel quale viviamo siamo costantemente e quotidianamente “chiamati alle armi”: dobbiamo emergere, competere con gli altri, combattere per ottenere un lavoro o una posizione professionale, eccellere e — in un certo senso — dimostrare sempre e comunque quanto valiamo, non fallendo mai.

Non ti dico nulla di nuovo, vero?
Probabilmente ti è già successo di candidarti ad un annuncio nel quale LinkedIn ti mostrava il numero di application ricevute: si era nell’ordine di 200, 250, se non di più. Il pensiero sorge spontaneo:

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Domande del tutto comprensibili. Il mercato del lavoro è oggi una vera e propria arena in cui il diktat è solo uno: sopravvivere. Per questo motivo, il rischio è quello di perdere di vista il proprio talento o non riuscire a distinguerlo e coltivarlo.

Forse lo avrai già intuito: Netgroup ha una divisione aziendale dedicata unicamente alla Talent Acquisition. Io che ti scrivo ne faccio parte, insieme ad altri colleghi estremamente specializzati e formati sulla ricerca e selezione del personale: avere una business unit in azienda solo ed unicamente dedita al reclutamento di talenti è una scelta coraggiosa che esprime il valore e l’importanza che attribuiamo al concetto stesso di “talento”. Giorno per giorno, insieme, cerchiamo di cogliere nell’altro quella luce, quella scintilla, quella vera e propria forza vitale che lo spinge a muoversi e compiere le proprie scelte di vita.

Badate bene: tutti possono trovare dentro di sé un talento.

Semplicemente, in sede di colloquio, in quello specifico momento della propria vita, si può non esserne consapevoli.

A volte, la fortuna sta proprio nell’avere di fronte una persona che non sia lì semplicemente per svolgere un colloquio di selezione asettico e impersonale, compilando una scheda dove l’unica cosa che conta sia determinare, nel più breve tempo possibile, l’idoneità o meno del candidato rispetto ad una specifica posizione.

Quando si ha la possibilità e, oso dire, l’enorme opportunità, più unica che rara, di avere di fronte un recruiter attento, sensibile all’ascolto, empatico e, soprattutto, in grado di cogliere aspetti per certi versi invisibili ai più, può essere davvero un momento di svolta nella propria vita, personale e professionale: il colloquio diventa momento di confronto, scambio reciproco, possibilità di conoscersi a fondo e di scoprire lati di sé che non si erano considerati.

La nostra BU della Talent Acquisition è impegnata costantemente in questo task, cercando di portare avanti una visione del talento a 360 gradi: non solo identificarlo in chi effettivamente lo possiede, ma anche individuarlo in chi ne sembra apparentemente privo, guidandolo nella scoperta di sé e nella visione di opportunità professionali che non aveva neanche mai preso in considerazione in precedenza.

Non vorrei sembrarti presuntuosa, ma credo che questa sia una piccola rivoluzione, di cui siamo orgogliosi di essere parte.